Arturo Larena: “Il giornalismo d’emergenza non è più il futuro, è il presente”.

Madrid, 6 nov. (EFEverde).- Il direttore di EFEverde, Arturo Larena, ha sottolineato la necessità di una maggiore specializzazione giornalistica di fronte all'aumento dei disastri naturali e tecnologici legati alla crisi climatica, durante il IV Seminario sulla comunicazione nelle emergenze organizzato dalla Direzione generale della Protezione civile, dall'Associazione della stampa di Madrid (APM) e da EFEescuela.
Emergenze sempre più frequenti e virulenteLarena ha osservato che “viviamo in una delle regioni più colpite dalla crisi climatica”, dove le emergenze ambientali “aumenteranno” e le catastrofi “diventeranno più frequenti e virulente”.
Secondo i dati delle Nazioni Unite, i disastri legati al clima rappresentano ormai il 90% delle emergenze registrate a livello mondiale, colpendo più di 200 milioni di persone ogni anno.
Il giornalismo come servizio pubblico"Il giornalismo d'emergenza non è più un fenomeno del futuro, ma del presente", ha affermato Larena, che ha difeso il ruolo dei media come parte essenziale del sistema di risposta alle crisi.
"Nei primi minuti, i media fungono da ponte tra il pubblico, la scienza e le autorità. L'informazione diventa un servizio pubblico: salva vite umane, fornisce indicazioni e previene il caos informativo", ha sottolineato.
Verificare, tradurre ed evitare il "sovraccarico di informazioni"Il direttore di EFEverde ha messo in guardia dalla diffusione di bufale e disinformazione durante le emergenze:
"Le fake news si diffondono più velocemente del fuoco. Abbiamo bisogno di giornalisti in grado di verificare, contestualizzare e tradurre la complessità tecnica in un linguaggio quotidiano."
Ha inoltre sottolineato l'importanza di combinare velocità e precisione ed evitare sia il sensazionalismo sia la banalizzazione di termini tecnici, come "DANA", "ciclogenesi esplosiva" o "incendi di sesta generazione", che devono essere spiegati chiaramente al pubblico.
Informare è anche proteggereLarena ha ricordato che la legge 17/2015 del Sistema nazionale di protezione civile obbliga i media a collaborare con le autorità nella diffusione di messaggi preventivi e operativi.
“Informare è anche proteggere”, ha riassunto, sostenendo che comunicazione, scienza e cittadini “devono lavorare insieme”.
Cultura della prevenzione e della resilienza collettivaIl giornalista ha concluso chiedendo un rafforzamento della formazione continua in settori quali la meteorologia, i cambiamenti climatici e la gestione del rischio.
"Il giornalista non si limita a raccontare il disastro: contribuisce a costruire una resilienza collettiva e una vera cultura della prevenzione", ha affermato.
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